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A ferro e fuoco.

L’OCCUPAZIONE ITALIANA DELLA JUGOSLAVIA 1941-1943

A ferro e fuoco.

   L’OCCUPAZIONE ITALIANA DELLA JUGOSLAVIA 1941-1943

3. Senza pietà

Gli ordini che guidano la repressione italiana sono draconiani e i comandi impongono di applicarli “senza falsa pietà”.
Del resto, lo stesso Mussolini nel luglio 1942 dichiara: “Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali incapaci di essere duri quando occorre. Questa tradizione di leggiadria e tenerezza soverchia va interrotta” e nel 1943 così si rivolge ai soldati: “So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori.”
I soldati obbediscono e in qualche caso bruciano villaggi e sparano ai civili solo per ingannare il tempo. Atrocità vengono compiute da tutte le parti in lotta.

«Abbiamo distrutto tutto da cima a fondo senza risparmiare gli innocenti. Uccidiamo intere famiglie ogni sera, picchiandoli a morte o sparando contro di loro. Se cercano soltanto di muoversi tiriamo senza pietà e chi muore muore […] Anche questa notte vi sono stati cinque morti, due donne, un bambino e due uomini»
Dalla lettera di una camicia nera toscana del 1 luglio 1942
«Noi abbiamo l'ordine di uccidere tutti e di incendiare tutto quel che incontriamo sul nostro cammino, di modo che contiamo di finirla rapidamente»
Dalla lettera di un soldato italiano dell’estate 1942
«Si procede ad arresti, ad incendi, [...] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [...] La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi», che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi».
Da una lettera del Commissario Civile del Distretto di Longatico dell’estate 1942
«Nel pomeriggio del 15 giugno il comandante convocò a rapporto tutti i comandanti di plotone e fece loro, all’incirca, il seguente discorso: "Oggi, festa del battaglione, ci troviamo impegnati in un ciclo operativo di grande respiro, ma purtroppo siamo lontani dalla base e quindi privi dei mezzi per celebrare degnamente la ricorrenza. Ho deciso pertanto che incendieremo questo villaggio a monito dei partigiani e perché si ricordino della nostra forza e della nostra combattività. Dividerete l’abitato in tante strisce di case quanti sono i plotoni, e non appena buio ogni reparto provvederà a bruciare la propria zona, dopo che sarà stato evacuato il bestiame dalle stalle, quale preda bellica; così i partigiani saranno privati di qualsiasi risorsa. Risparmierete in un primo momento le case abitate dai civili che domattina invieremo alla base quali prigionieri".Alle 9 di sera, puntualmente e contemporaneamente, divamparono gli incendi alimentati dalla brezza notturna. Gli alpini eccitati correvano da una casa all’altra con manciate di paglia accesa che collocavano sotto i tetti delle case di legno di montagna, là dove lo spiovente poggia sui tronchi delle parenti. Nella confusione non fu possibile evacuare il bestiame e le pecore morirono belando disperatamente nei chiusi, lasciando intorno un puzzo soffocante di carne e di lana bruciata. Ben presto le fiamme accerchiarono anche le case abitate e i civili, solo donne e bambini, presi dal terrore scapparono».
Dalla testimonianza di un alpino del battaglione Exilles di data 15 giugno 1943
Si può dire che nei territori occupati le truppe italiane conducono una vera “guerra ai civili”?
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